Ma scusa di che? Ma vergogna di cosa? Rabbrividisco ad ascoltare certe scempiaggini anche da gente generalmente ragionevole. Il tema, dopo l'umiliazione subita nella finale di Champions, è stato a lungo quello delle scuse mancate da parte dei tesserati nerazzurri. 

Ma chi se ne frega delle scuse? Si chiama calcio ed è uno sport. Si può perdere, si perde e si perderà ancora. E ci si rialzerà, come sempre ha fatto l'Inter. Cinque gol sono un'umiliazione? Certo che sì. Un'umiliazione sportiva, non umana. Soprattutto per chi è sceso in campo. E allora di cosa dovrebbero chiedere scusa? Davvero si ha bisogno che qualcuno chieda scusa per aver perso una partita di calcio, per quanto importante questa sia?

Temo che qui i problemi vadano ben oltre il calcio. C'è una frustrazione in giro che non ha eguali. Gente che vomita odio un giorno sì e l'altro pure sui social e non solo. Gente che pretende di venire a insegnarti il lavoro o addirittura la vita. Stiamo perdendo il senso del reale. Saranno queste realtà parallele costruite attraverso i telefoni, sempre più forieri di vite alternative che non esistono e che mai esisteranno. Si vive in dimensioni differenti, senza spazio e senza tempo. E senza responsabilità. Vite false, vite truccate.

Si pretende la testa sulla picca di calciatori che hanno sì perso in modo imbarazzante una finale, ma che sono anche gli stessi che a quella finale ti ci hanno portato, superando ostacoli enormi e regalandoti gioie immense. L'Italia del '70 te la ricordi per il 4-3 alla Germania più che per l'1-4 col Brasile. Una ferocia inaudita. Zero compassione, zero empatia. Solo mostri.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 03 giugno 2025 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni
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